La notizia potrebbe sembrare paradossale, eppure è accaduta: un post dedicato a Carlo Acutis, prossimo Santo, accompagnato da un’immagine in cui c’era Gesù, è stato segnalato da Facebook come una violazione delle sue linee guida. Questo episodio, oltre a far riflettere, apre una discussione più ampia sulla libertà di espressione e, nello specifico, sulla libertà di Fede in un’epoca in cui i social media dominano il dibattito pubblico.
Facebook, una piattaforma nata per connettere le persone e dare voce a tutti, sembra ormai aver preso una direzione che spesso sfocia nel paradosso. Promuove la libertà d’espressione, ma nei fatti applica restrizioni sempre più stringenti, in particolare quando si tratta di temi legati alla Fede o a valori tradizionali. Il caso del post su Carlo Acutis è emblematico: parlare di santità e mostrare un’immagine di Gesù è considerato fuori luogo o addirittura lesivo delle linee guida, mentre contenuti ben più discutibili scorrono indisturbati ogni giorno.
Il mondo va al contrario, ed io penso di scendere prima…
Viviamo in un mondo in cui, sempre più spesso, si censurano messaggi di speranza, spiritualità e Fede, mentre si promuovono modelli superficiali e messaggi vuoti. E allora viene da chiedersi: cosa spaventa tanto in un’immagine di Gesù? Cosa rende inaccettabile raccontare la storia di un giovane, Carlo Acutis, che ha usato proprio la tecnologia per avvicinare gli altri alla Fede?
Facebook, con le sue regole opache, sembra mettere a tacere chi parla di temi spirituali, in nome di una presunta neutralità che però finisce per penalizzare chi vuole esprimere qualcosa di diverso dalla narrazione dominante.
Una scelta radicale
Di fronte a questo atteggiamento, si apre una riflessione profonda. Ha ancora senso restare su piattaforme che censurano valori fondamentali come la Fede? Forse no. Per molti, la decisione di abbandonare Facebook – e potenzialmente altri social – diventa un atto di coerenza e di libertà. Perché la vita non si esaurisce dietro uno schermo, e la Fede non ha bisogno di approvazione algoritmica per esistere e resistere.
Questa vicenda ci ricorda che la libertà di Fede non può essere delegata ai social media. Le persone hanno il diritto di parlare di ciò in cui credono, di condividere messaggi di Amore, speranza e spiritualità. Non è solo una questione di Fede, ma di libertà d’espressione.
Forse è arrivato il momento di cercare nuovi spazi, lontani dalle dinamiche censorie dei grandi social, dove la parola possa tornare a essere libera. Perché, come dimostra questa vicenda, la vera forza non sta nei numeri, nei like o nei follower, ma nella coerenza con i propri valori e nella capacità di resistere, anche senza social.
Se Facebook limita la libertà di Fede, la risposta deve essere chiara: si vive benissimo anche senza di loro. La speranza, il valore, l’Amore non si misurano in post o reazioni, ma nel cuore di chi li vive. E chi crede sa che c’è un messaggio che nessun algoritmo potrà mai cancellare.
“Ora dunque rimangono queste tre cose: la Fede, la Speranza e la Amore; ma la più grande di esse è la Amore.” –
1 Corinzi 13:13