Tirzepatide agisce attivando i recettori cerebrali per gli ormoni Glp-1 e Gip, riducendo così l’appetito e l’assunzione di cibo. Viene somministrato mediante iniezione sottocutanea settimanale, con dosaggi che variano da cinque a quindici milligrammi. L’efficacia di tirzepatide è stata dimostrata attraverso studi clinici, dove ha mostrato significative riduzioni di peso corporeo in confronto al placebo.
Nonostante i benefici, il farmaco presenta alcuni effetti collaterali, tra cui nausea, diarrea, vomito, costipazione, dolore allo stomaco, eruttazione, reflusso gastroesofageo, reazioni nel sito di iniezione, reazioni allergiche, affaticamento e perdita di capelli. La FDA sconsiglia l’uso di tirzepatide in pazienti con una storia di cancro midollare della tiroide, neoplasia endocrina multipla di tipo 2, pancreatite grave, malattie gastrointestinali gravi, o in coloro che hanno avuto gravi reazioni allergiche al principio attivo o ai suoi ingredienti. Inoltre, l’uso concomitante di tirzepatide con insulina o altri agonisti del recettore Glp-1 non è raccomandato.
La FDA raccomanda di monitorare attentamente i pazienti con malattie renali, retinopatia diabetica, depressione o tendenze suicidarie. Eli Lilly si prepara ora a introdurre il farmaco nei mercati europei, con un dossier già in valutazione dal Comitato per i farmaci a uso umano (CHMP). Si prevede che il farmaco possa essere disponibile in Europa tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025, con la produzione prevista anche nello stabilimento italiano di Sesto Fiorentino.
È importante ricordare che, nonostante i promettenti risultati di tirzepatide, l’assunzione di qualsiasi farmaco deve sempre avvenire sotto stretta supervisione medica, soprattutto quando si tratta di condizioni complesse come l’obesità. I pazienti sono invitati a consultare un medico specializzato per valutare la migliore strategia terapeutica per la loro situazione specifica.