mercoledì, Aprile 2, 2025

MUNCH IN MOSTRA A ROMA FINO AL 2 GIUGNO 2025

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Dopo il successo della tappa milanese a Palazzo Reale, la mostra “Munch. Il grido interiore” apre le sue porte a Palazzo Bonaparte a Roma, offrendo al pubblico un’occasione unica per immergersi nel mondo emotivo e viscerale di uno degli artisti più iconici della storia dell’arte. Organizzata da Arthemisia e visitabile fino al 2 giugno, l’esposizione propone un percorso suggestivo attraverso cento opere di Edvard Munch (1863-1944), ripercorrendo la sua evoluzione artistica dagli esordi fino agli ultimi lavori.

L’esposizione è suddivisa in sette sezioni che permettono di esplorare i diversi volti dell’arte di Munch, compreso il suo rapporto con la tradizione artistica italiana e l’influenza dei suoi viaggi nel nostro Paese. Tra le opere esposte spiccano capolavori come La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922-1924), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900-1901), Danza sulla spiaggia (1904) e una delle celebri versioni litografiche de “L’urlo” (1895), forse il simbolo universale per eccellenza dell’angoscia esistenziale.

Considerato uno dei principali esponenti del simbolismo e precursore dell’espressionismo, Munch ha saputo catturare come pochi altri le sfumature della psiche umana. La curatrice Patricia G. Berman lo definisce un “anatomo-patologo dell’arte”, sottolineando la sua capacità di trasformare le esperienze personali in opere che parlano un linguaggio universale. Per Munch, la realtà non si osserva solo con gli occhi, ma si percepisce attraverso le memorie e i sensi: la vista, l’udito, il tatto diventano strumenti di una narrazione interiore che trascende il tempo.

Questa retrospettiva non si limita alla pittura, ma abbraccia anche altre forme di espressione artistica come cinema, incisione e fotografia, dimostrando la versatilità e la modernità di un artista che ha saputo sperimentare con linguaggi diversi, senza mai tradire la sua ossessione per l’indagine dell’animo umano.

La vita di Munch è stata segnata da lutti familiari, malattie e una fragilità emotiva che si riflette nelle sue opere. Secondo Emmanuele F. M. Emanuele, mecenate e presidente della Fondazione Terzo Pilastro, Munch ha saputo trasformare il dolore in arte, esplorando la solitudine dell’uomo moderno e il confronto con l’ineluttabilità della morte. Tuttavia, la sua non è solo un’arte del tormento: nelle sue tele convivono anche la passione erotica, la ricerca di significato, il legame con la filosofia di Nietzsche e la psicoanalisi freudiana.

Visitare “Munch. Il grido interiore” non significa solo ammirare dei quadri: è un’esperienza che invita a guardarsi dentro, a riconoscere nell’altro le proprie fragilità, a lasciarsi attraversare da emozioni crude e autentiche. Ogni opera è uno specchio che riflette non solo il dolore di Munch, ma anche il nostro.

Munch continua a disturbare e a interrogare, ricordandoci che la bellezza può essere anche inquietudine, che l’arte non è sempre consolazione, ma può essere un grido interiore che, una volta ascoltato, non si dimentica più.

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