Pensiamo a Venezia, una città fragile che sembra sprofondare sotto il peso dei milioni di visitatori che ogni anno si riversano nei suoi stretti vicoli. Non è solo questione di affollamento: l’ambiente urbano, l’ecosistema lagunare e la qualità della vita dei residenti ne escono devastati. Città come Barcellona, Amsterdam, le nostre Firenze, Roma e la stessa Napoli stanno vivendo lo stesso dramma, con il turismo che, invece di essere una risorsa, si trasforma in una maledizione.
A cosa serve avere ogni monumento a portata di mano se poi, di fatto, non riusciamo a goderne? Le piazze, un tempo luoghi di incontro e socialità, sono diventate set fotografici dove le persone si accalcano per uno scatto da postare. E gli abitanti? Spesso dimenticati, si trovano a dover convivere con il rumore, l’inquinamento e l’aumento esorbitante del costo della vita. Molti lasciano le loro case, costretti a trasferirsi in periferie sempre più lontane, mentre i centri storici si svuotano per lasciare spazio a strutture ricettive o appartamenti Airbnb.
Le città devono imparare a proteggersi, a dire “basta” quando l’invadenza diventa dannosa.
L’importanza del turismo sostenibile, di un approccio rispettoso e consapevole, è oggi più che mai evidente. Eppure, il cambiamento non può partire solo dai governi o dalle amministrazioni locali: è necessario un impegno collettivo, una riflessione su come viviamo e, soprattutto, su come viaggiamo. Forse, dovremmo imparare a rallentare, a lasciare spazio anche agli altri, a non voler tutto e subito.
Il turismo non deve essere una corsa al consumo di esperienze, ma piuttosto un incontro con la bellezza che ci circonda. Una bellezza che merita di essere trattata con rispetto e delicatezza, senza mai dimenticare che dietro ogni destinazione c’è una storia, una comunità, e un equilibrio fragile da preservare.