mercoledì, Gennaio 22, 2025

DONALD TRUMP E IL RITORNO DELL’AMERICA CHE GUARDA INDIETRO

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Donald Trump è di nuovo alla Casa Bianca, e già il suo discorso inaugurale fa capire che sarà un mandato all’insegna della nostalgia aggressiva. Parole come “età dell’oro” rimbalzano tra le colonne marmoree del Campidoglio, mentre il presidente promette di erigere nuovi muri – metaforici e non – e di ridisegnare il volto di un’America che pare più interessata a ripiegarsi su se stessa che ad aprirsi al mondo.

Tra le priorità, spiccano immigrazione e protezionismo. La dichiarazione di emergenza nazionale al confine con il Messico suona come un déjà vu, accompagnata da dazi salati per i vicini nordamericani. Canada e Messico, avvisati: l’America di Trump non cerca amici.

Sul fronte internazionale, l’uscita dall’Accordo di Parigi e dall’OMS ribadisce la vocazione isolazionista del tycoon: meno alleanze, più bandiere stelle e strisce che sventolano da sole. Anche la NATO, già bistrattata durante il primo mandato, non sarà risparmiata, con la richiesta che gli alleati spendano di più. Insomma, l’America First non è solo uno slogan, ma un avvertimento per chiunque pensi che Washington sia disposta a farsi carico di interessi altrui.

Gli applausi scroscianti dei suoi sostenitori si contrappongono al malcelato sgomento di buona parte della comunità internazionale. Mentre gli esperti si interrogano se il protezionismo trumpiano sarà davvero la panacea per l’economia americana, resta il dubbio: isolare l’America renderà davvero “grande” una nazione che vive di globalizzazione?

L’uomo che promette un’”età dell’oro” sembra voler tornare a un’epoca che non esiste più, o che forse non è mai esistita se non nella retorica di chi si nutre di slogan. Ma dietro quelle promesse si intravedono crepe: tensioni interne, alleanze incrinate, e un futuro che rischia di somigliare più a un campo minato che a una terra promessa.

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