La barzelletta racconta la storia di un cavaliere bianco che sfida in duello un cavaliere nero. Il cavaliere nero è un guerriero formidabile, e alla fine riesce ad uccidere il cavaliere bianco. I tre figli del cavaliere bianco, decisi a vendicare il padre, sfidano a loro volta il cavaliere nero, ma vengono tutti uccisi. Lo stesso destino tocca ai nove figli dei tre figli, e ai ventisette figli dei nove figli.
Alla fine, un professore chiede allo studente che sta raccontando la barzelletta qual è la morale della storia. Lo studente, un ragazzo di periferia, risponde: “La morale è che ar cavaliere nero non je devi cacà er cazzo!”.
La risposta dello studente è esilarante, ma nasconde anche una morale profonda. La storia del Cavaliere Nero è un monito a non sottovalutare mai un avversario, anche se sembra più debole di noi. È anche un invito a non essere arroganti, perché l’arroganza può essere una pericolosa trappola.
La barzelletta del Cavaliere Nero è diventata un classico della comicità italiana, e la frase “ar cavaliere nero … … … ” è entrata nel lessico comune. È un’espressione che viene usata per avvertire qualcuno di non fidarsi di un avversario, o di non fare qualcosa che potrebbe essere pericoloso.
Gigi Proietti ha regalato al pubblico un’opera d’arte che continuerà a divertire e a far riflettere per molti anni a venire.
La barzelletta del Cavaliere Nero è un esempio perfetto della sua comicità intelligente e pungente, che ha fatto di lui uno dei più grandi artisti del nostro tempo.