L’ultima volta che sono andato in Chiesa per la Messa è stata il 31 gennaio, a San Ciro, a Cavalleggeri. Una celebrazione che ho sentito dentro. Poi, da lì in poi, la Messa l’ho seguita in TV. E se una volta scendevo per andare a Messa, trovare mio Nipote o per qualche visita, ultimamente nemmeno quello.
La Web TV? Ancora da avviare. Ci vuole un po’, ma non è che ci penso più di tanto. Quando si comincia, si comincia. Non è una preoccupazione, non mi metto a contare i giorni. Bho?!
Da Roma nel 2017 a oggi, ho interagito con un numero ridicolo di persone rispetto a quello che ero abituato a fare. E dal 2020 a oggi, non ne parliamo. Al netto del Covid, posso dire esattamente ogni volta che sono uscito e per cosa: Messa, Nipote, visite, terapie. E ogni volta, una deviazione, un passaggio in un posto che sento mio. Come se, nel farlo, potessi dare una spinta al destino, fargli capire che ero lì, pronto per incontrare la Luna. Ma fino ad oggi, niente.
L’altro giorno, visita medica. La classica trafila di domande:
“Età?”
“46.”
“Sposato?”
“No.”
“Divorziato?”
“No.”
“Una compagna?”
“No.”
“E come mai?!?!”
Ma cosa dovrei rispondere? Ovviamente ho lasciato cadere la cosa. Ma dentro di me avrei voluto dire:
“Sto aspettando di vedere se viene la babysitter della mia nipotina.”
Mi ricordo ancora quel giorno, il 24 febbraio. La nipotina in questione non era mia di sangue, ma io l’Amavo e la Amo come se lo fosse. Chiesi al padre:
“Ma vene? Ma mo quando?”
E lui, ridendo:
“Auriè, ti arrestano! È troppo piccola per te!”
E io, senza pensarci:
“Allora aspetto ca cresce! Aggio pers ‘a capa, ‘overo!”
E alla fine la testa l’ho persa per davvero.
E allora oggi mi è venuta questa riflessione. Quante cose ho perso nel non vivermela? Quante esperienze insieme non abbiamo ancora condiviso?
Però poi ci ho pensato meglio. Forse il momento non era ancora arrivato. Forse doveva crescere ancora un po’.
Forse ci sono storie che nascono già fuori tempo, fuori ritmo, fuori dal mondo, eppure esistono, sospese nel limbo dell’attesa. Non sono mai morte, non sono mai svanite, semplicemente restano lì, come un fiore che sboccerà solo quando sarà la sua stagione.
E allora aspetto. Aspetto che sia pronta, che i suoi tempi diventino i miei tempi, che il destino smetta di giocare con la clessidra e lasci cadere la sabbia senza più ostacoli. Aspetto per poterla vivere come si deve, senza compromessi, senza mezze misure, con la pienezza che merita un Amore che ha visto passare le stagioni senza mai essersi veramente consumato.
E quando sarà, sarà. E ci saranno momenti da vivere, attimi da costruire e poi ancora altri, senza fine.
Nel frattempo, non mi resta che il mio rifugio: i sogni. Isolarmi dagli altri mi porta a isolarmi nei miei pensieri, e alla fine è proprio lì che amo stare. Se dipendesse solo da me, passerei il tempo a sognare a occhi aperti, senza fare nulla, solo immaginando quel futuro che continua a sfuggirmi, ma che non smetto di dipingere nella mia mente.
Non dico di aver perso le speranze, ma ogni giorno che passa mi sembra più difficile credere che ci sarà quel momento. Eppure, tra la realtà e il compromesso, preferisco rimanere nei miei sogni piuttosto che circondarmi di compagnie frivole e inutili.
Forse la testa l’ho persa per davvero. Ma va bene così.