Ci sono storie che ti restano dentro, che parlano a chi ha il coraggio di guardare oltre la superficie e di ascoltare quello che le immagini e le parole vogliono dirti. ACAB, disponibile su Netflix, è una di queste. È una serie che non urla per farsi notare, che non si appoggia a campagne pubblicitarie roboanti, ma che ti cattura con la forza della sua autenticità e con il coraggio di raccontare una realtà scomoda.
Ispirata al libro di Carlo Bonini e al film diretto da Stefano Sollima, ACAB ci porta nelle pieghe nascoste di una squadra del Reparto Mobile di Roma, quella che affronta le piazze infuocate e gli scontri che non fanno notizia se non per qualche titolo acchiappa-clic. È un mondo duro, fatto di conflitti non solo con l’esterno, ma anche all’interno di un sistema che si sgretola sotto il peso delle sue contraddizioni.
Eppure, in questo microcosmo, c’è spazio per l’umanità: Mazinga (Marco Giallini), Marta (Valentina Bellè) e Salvatore (Pierluigi Gigante) non sono solo colleghi, ma una famiglia. Una famiglia che si tiene insieme in una città che sembra volerli schiacciare. Ma cosa succede quando l’arrivo di un nuovo comandante, Michele (Adriano Giannini), porta con sé il vento del cambiamento? È qui che la serie diventa più di un semplice racconto: diventa una riflessione su chi siamo, su cosa siamo disposti a sacrificare per sopravvivere, e su come il passato possa influenzare il nostro presente.
La regia di Michele Alhaique è raffinata, quasi poetica nella sua crudezza, capace di catturare la tensione di ogni scena. E la scrittura, frutto di un team di autori talentuosi, scava a fondo nelle dinamiche dei personaggi, regalando momenti di intensa introspezione. Ma il vero cuore pulsante della serie è il cast: Marco Giallini con il suo carisma magnetico, dà vita a Mazinga, un personaggio tanto spigoloso quanto affascinante, un uomo ancorato a un’idea di “vecchia scuola” che non cede di fronte ai cambiamenti. La sua interpretazione è una masterclass di intensità e presenza scenica. Valentina Bellè conferma il suo talento straordinario, mentre Adriano Giannini dà vita a un comandante riformista che cerca di cambiare un sistema incancrenito. E poi c’è Pierluigi Gigante, che con la sua interpretazione lascia il segno, ricordandoci che dietro ogni divisa c’è una storia da raccontare.
ACAB è una serie che ti chiede di fermarti, di riflettere e di guardare il mondo con occhi nuovi. È una storia che parla di lotta, di sopravvivenza, ma anche di legami e di fragilità. Non è per tutti, e forse è proprio per questo che merita di essere vista: perché non si adatta, non si piega alle mode, ma racconta con sincerità una realtà troppo spesso ignorata.
Non lasciate che passi inosservata. Prendetevi il tempo di guardarla, di ascoltarla, di lasciarvi coinvolgere. Perché ACAB non è solo una serie: è un pezzo di vita che vale la pena conoscere.