La libertà di parola sui social è diventata un’arma a doppio taglio. Da un lato permette a chiunque di esprimersi, condividere idee e storie; dall’altro ha dato spazio a odio, disinformazione e codardia digitale. Tutti liberi di dire tutto, ma chi si assume la responsabilità di quelle parole?
Immagina un mondo in cui, prima di commentare un post, devi pensarci due volte. Non perché qualcuno ti stia censurando, ma perché ogni tua parola è collegata a te, al tuo nome, alla tua identità. Forse la soluzione sta proprio qui: accedere ai social tramite SPID, il sistema pubblico d’identità digitale.
Negli anni abbiamo assistito a una degenerazione del dibattito pubblico. I social sono diventati un’arena dove i leoni da tastiera si sentono liberi di insultare chiunque nascosti dietro un nickname. Le fake news corrono più veloci della verità, profili falsi e bot manipolano discussioni e diffondono odio. In un mondo dove tutti possono dire tutto senza pagare conseguenze, il rischio è che la libertà si trasformi in anarchia. E quando la parola diventa un’arma, il silenzio dei più deboli è una sconfitta per tutti.
Per iscriversi e accedere ai social, servirebbe lo SPID. Un sistema che obbliga ciascuno a metterci la faccia e a prendersi la responsabilità delle proprie parole. Se ogni profilo fosse legato a un’identità reale, insulti e diffamazioni avrebbero finalmente conseguenze. L’anonimato tossico sparirebbe, e con esso i troll, i bot e i profili clonati. I social tornerebbero a essere popolati da persone reali. Sapere che ogni parola è firmata ti spingerebbe a riflettere prima di parlare. Non è censura, è consapevolezza. La libertà non muore se ognuno si assume le proprie responsabilità.
Chi difende l’anonimato ricorda che, in alcuni contesti, è l’unico strumento per denunciare ingiustizie senza rischiare ripercussioni. Giornalisti, attivisti, o chi vive in paesi oppressivi avrebbe molto da perdere. Affidarsi allo SPID richiede garanzie sulla privacy. Chi garantisce che i nostri dati non finiscano in mani sbagliate? Serve un sistema trasparente, con regole precise, dove chi denuncia ingiustizie possa farlo protetto e dove nessun dato personale venga usato per scopi commerciali.
La proposta non è censurare, ma responsabilizzare. Essere liberi non significa essere impuniti. I social sono uno strumento straordinario, ma devono tornare a essere spazi di confronto e non campi di battaglia. Accedere con SPID potrebbe essere un primo passo. Un piccolo gesto per dire: mettiamoci la faccia. La vera domanda è: se devi firmare ciò che dici, avresti ancora il coraggio di scriverlo?