L’ APOSTOLO DELLA SINDONE
Un panno, il Mandylion (fazzoletto), sul quale era impressa l’immagine del volto di Gesù. Un viaggio dal percorso incerto. Copie riprodotte su monete e su icone. Una storia che si intreccia con quella della Sindone. Documenti che indicano nell’apostolo S. Giuda Taddeo colui che portò ad Edessa (l’attuale Urfa, in Turchia) l’immagine che conserva “la fisionomia della forma umana di Gesù”. Testimonianze che permettono di identificare il Mandylion proprio con il telo custodito nel duomo di Torino. Emanuela Marinelli, di professione insegnante, sindonologa dal 1977 con anni di corsi formativi, di libri e di studi accurati alle spalle, ripercorre questo viaggio e questa storia, accompagnandola con la proiezione di diapositive.
Siamo nella chiesa di San Giuda Taddeo ai Cessati Spiriti, nel quartiere Appio-Latino, quattro giorni prima della festa patronale, che viene celebrata oggi, quando la Chiesa ricorda il suo martirio. Niente aria di scoop o sensazionalismo, premette il parroco, don Attilio Nostro. Ma l’intento di «valorizzare la devozione al Santo, che invita a contemplare il volto di Cristo. Propone Gesù, attraverso la memoria della sua gloriosa risurrezione». Ed è proprio in questo contesto che la parrocchia ha appena inaugurato, e collocato accanto all’altare della chiesa, una statua che raffigura Giuda Taddeo, dal volto radioso, con un panno tra le mani che reca impresso il volto di Gesù. «Non chiede venerazione per se stesso – precisa la Marinelli – ma per Cristo». Giuda detto Taddeo – cioè «dal petto largo», ovvero «magnanimo» – che era fratello di Giacomo (apostolo anch’egli, figlio di Alfeo e di Maria di Cleofe), evangelizzatore nella Persia e in altre regioni. Patrono delle «cause impossibili» per le preghiere esaudite in modo miracoloso, anche quando la domanda ad ogni umana previsione sembra senza speranza. Che viene invocato ora, da Emanuela Marinelli, anche come patrono dei sindonologi, perché avrebbe contribuito a salvare la Sindone.
Secondo le informazioni fornite dagli autori siriaci, l’attività apostolica di Giuda Taddeo è arrivata ad Edessa: in un testo del XIII secolo gli apostoli Giuda Taddeo e Bartolomeo sono chiamati «i nostri primi illuminatori». E là arriva il Mandylion, come testimonia nell’ottavo secolo Giorgio il Monaco: «C’è nella città l’immagine di Cristo non fatta da mano d’uomo, che opera stupefacenti meraviglie. Il Signore stesso, dopo aver impresso in un “soudarion” l’aspetto della sua forma, mandò l’immagine che conserva la fisionomia della sua forma umana per l’intermediario Taddeo apostolo ad Abgar, toparca della città degli Edesseni, e guarì la sua malattia».
Dello stesso periodo un altro documento, del segretario del patriarca Tarasio, che narra l’arrivo di Taddeo ad Edessa e la venerazione degli abitanti alla «fisionomia del Signore non fatta da mano d’uomo». Un panno piccolo, così appare, ma la Marinelli rileva che si tratta di «un telo ripiegato». E sottolinea l’identità tra il volto della Sindone e le copie del Mandylion, per esempio quelle sulle icone a partire dal VI secolo: oltre un centinaio i punti di congruenza, di sovrapponibilità cioè fra due figure.