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Recensione libro: La Bibliotecaria di New York

La Bibliotecaria di New York di Victoria Christopher Murray e Heather Terrell racconta la storia di Belle da Costa Greene, una giovane donna di colore che, nonostante la sua pelle chiara, deve nascondere la sua vera identità per lavorare e vivere in un mondo dominato dal razzismo del primo Novecento.

Il romanzo, narrato in prima persona, si snoda attraverso una scrittura semplice e coinvolgente, immergendo il lettore nel mondo affascinante ma complicato in cui Belle si trova. La storia si concentra sul tema del razzismo, esplorando le complesse motivazioni dietro la scelta della sua famiglia di vivere come persone bianche per garantirsi una vita dignitosa.

Le dettagliate descrizioni dei soprusi subiti da Belle e la sua famiglia lasciano un’impronta dolorosa nella narrazione, rivelando la persistenza degli stessi pregiudizi anche dopo anni. Tuttavia, la consapevolezza di Belle di dover fare qualcosa, data la sua posizione privilegiata come bibliotecaria personale di J.P. Morgan, trasforma il suo lavoro in una missione per il cambiamento sociale.

La storia di Belle evidenzia anche le sfide che affronta come donna in un ambiente prevalentemente maschile, evidenziando il costante bisogno di lottare per farsi strada, una tematica ancora attuale.

Attraverso le vicissitudini di Belle, il romanzo offre una riflessione profonda sulla persistenza del razzismo e delle disuguaglianze di genere, invitando i lettori a confrontarsi con tematiche attuali e universali, oltre a sottolineare l’importanza di combattere le ingiustizie sociali.

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