sabato, Aprile 26, 2025

25 APRILE: NON È LA MIA FESTA. UNA MEMORIA A SENSO UNICO CHE NON MI RAPPRESENTA

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Il 25 aprile non è la mia festa. Non lo è mai stata e non lo sarà mai.

Se fossi vissuto in quegli anni, avrei scelto la Repubblica Sociale Italiana.

Perché in mezzo alla confusione, ai tradimenti, alla guerra fratricida, quella era la parte che mi rappresentava.

Non c’è nulla da celebrare. E di ciò che è accaduto dopo il 25 aprile si parla poco.

Eppure è lì che si è consumata una delle pagine più vergognose della storia d’Italia:

Donne e bambine violentate e uccise solo perché parenti di funzionari del regime.

Esecuzioni sommarie, corpi gettati nei campi e nei fossati.

Gente eliminata per vendetta personale, travestita da giustizia.

L’uccisione di Benito Mussolini senza processo fu un atto brutale. Una barbarie.

Nessuna democrazia nasce da un’esecuzione.


I GERARCHI DEL FASCISMO E LA REPRESSIONE CHE HA DISTRUTTO IL CONSENSO

Uno degli errori più gravi del regime fascista fu riempirsi di gerarchi improvvisati, incapaci e arroganti, che volevano imitare Mussolini ma non ne avevano la statura politica né il carisma.

Gestivano il potere con arroganza e disprezzo.

Non amministravano, imponevano.

Usavano la forza invece del buon senso.

Così facendo si sono inimicati la popolazione.

La gente era stanca, umiliata, repressa.

E quando il regime è crollato, nessuno ha più difeso quei gerarchi locali che avevano abusato del potere.


UNA STORIA SCRITTA SOLO DA CHI HA VINTO

In Italia, la memoria è a senso unico.

Chi ha perso non ha diritto di parola, né di ricordo.

La Resistenza è diventata un dogma, e chi lo mette in discussione viene zittito, etichettato, cancellato.

Ma la verità è che il 25 aprile non è una festa condivisa.

È una ricorrenza ideologica, non una ricostruzione della realtà.


 

LA MIA LIBERTÀ È ANCHE DIRE NO

Io non odio nessuno. Non voglio revisionismi a comando.

Ma non posso celebrare qualcosa che non riconosco.

Non posso fare finta che tutto sia stato giusto. Non lo è stato.

Io non festeggio.

Perché libertà significa anche rifiutare quello che non ti rappresenta.

E farlo senza paura, senza scuse, e senza inchinarsi al pensiero dominante.

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